DIALOGANDO CON VOI

03/06/2023

Marco di Patty   Sai che al mio prof. d’italiano  piacciono molto le tue prose?  Dice che sono tutte belle e azzeccate,  ma quelle che preferisce sono:  ” La casa dei doganieri”  Di E. Montale e “Lettera alla madre” di S. Quasimodo,  dice che sono bellissime!  Ah,  dimenticavo a lui piace moltissimo anche un’altra poesia breve di S.  Quasimodo “Ed è subito sera” In cui tu hai fatto una bellissima prosa.

Elena  Grazie!

Marco  Lui mi ha chiesto come mai non abbiamo fatto “Rio Salto di Pascoli?  Tu la conosci?

Elena  Certo!  Ma ne ho altre di G. Pascoli,  le faremo anche quelle. Ecco la prosa di Rio Salto.

Rio Salto era un ruscello che scorreva poco lontano dalla casa del poeta in Romagna.  Il temporale è finito e la sua è stata solo una fantasia,  la realtà è diversa;  praticamente è un sogno ad occhi aperti.  Piove a dirotto e il ritmo uguale e monotono dell’acqua che batte con forza  sulla grondaia suscita nella fantasia del Poeta la visione di cavalieri chiusi nelle corazze luccicanti,  che si allontanano al galoppo verso la valle fonda,  lungo le rive del Rio Salto.  Sente i palafreni andanti,  nobili cavalli, di pregio in corsa.  I palafreni erano cavalli da parata,  riccamente bardati, che venivano usati dai cavalieri nei loro lunghi viaggi oppure nelle cerimonie.  Ma cessati i rumori del temporale,  anche le immagini fantastiche dileguano e con la realtà riemergono i soliti rumori:  si presenta al Poeta la realtà,  e pensa che è bella anch’essa non meno di un sogno,  perché quella è la sua terra natia con i pioppi che stormiscono lungo le sponde amiche del fiume.

Marco    È  stupenda.

06/06/2023

Marco di Patty   Di G. Pascoli ho scelto “Le  Ciaramelle”,  è un po’ triste anche questa ma è bella.  Grazie!

Elena  Le Ciaramelle,  sono degli strumenti a fiato, come le cornamuse,  anzi sono proprio le cornamuse.  Tempo fa a Messina,  nella novena del Natale,  si sentivano,  tutte le mattine prima dell’alba.  È un’usanza antichissima,  chissà se ci sarà ancora.  Io credo di sì,  perché in certi paesi nascosti di molte ragioni d’Italia ci sono delle usanze che non tramontano mai.  Questo quello delle ciaramelle è un uso antichissimo pieno di poesia.  I ciaramellari sono quasi tutti vecchi pastori che vengono dai monti;  il suono è dolce e un po’ malinconico.  “Là sbocciò questo fiore che chiede alla rugiada del nostro pianto”.  Così scrisse Maria Pascoli,  la sorella del Poeta un nostalgico desiderio della sua infanzia lontana,  quando gli affetti familiari gli riscaldavano il cuore e i sogni sembrava si svelassero felici.  Allora anche il pianto era dolce per il fanciullo dall’animo sereno e sgombro di preoccupazioni.  Ora che è adulto,  il Poeta si commuove alle naturali melodie delle ciaramelle e il pianto,  dolce come quello di un tempo,  dona pace e serenità alla sua anima tormentata da tutti gli affanni del quotidiano.

Marco  Bellissima anche questa;  ma perché parla di Messina se il Poeta è romagnolo?  Per domani ho scelto “La voce”  sempre del Pascoli.  Grazie!

07/06/2023

Elena  Sono qui Marco,  ho la prosa della poesia “La Voce ”  sempre di G.  Pascoli.  Nelle Ciaramelle il Pascoli parla di Messina perché in quella città è stato insegnante di letteratura latina all’università.

Questa è una delle liriche più tristi e suggestive, ma anche molto bella.

Molte sono state le volte che in momenti di solitudine,  di abbandono e di miseria,  il Poeta fu preso dalla disperazione,  quasi tentato di uccidersi per togliersi una volta per sempre dalla sua insopportabile infelicità.  Ma ogni volta egli fu trattenuto dalla forza di una voce,  una voce ridotta così flebile come un soffio,  ma viva nelle sue orecchie e radicata nel suo cuore,  con quel diminutivo”Zvanì” espressione di un tenerissimo affetto (è una forma dialettale del diminutivo di Giovannino,  dialetto romagnolo,  è assai più efficace del nome intero detto in italiano).  Il ricordo di quella voce,  così intenso da riportare dinnanzi al Poeta la figura stessa della madre,  lo aiutò ad accettare la vita con pacata rassegnazione e a confidare nell’aiuto della provvidenza.  Tutta la poesia si svolge in quel contrasto di intimo tra dolore disperato nel figlio,  e l’ansia accorrente della madre e il lento accorato placarsi del dolore per la muta preghiera materna.  La poesia si compone di sette periodi ritmici,  ciascuno dei quali è formato di tre strofe e si conclude con l’invocazione Zvanì.  Idealmente però tali periodi si riducono a quattro:  il primo dà il motivo ispiratore della poesia,  il secondo e il terzo accennano ai due episodi disperati in cui più quella voce si fa sentire,  mentre il quarto richiama il primo per darne la liberazione.

Elena  Cerca la poesia “L’ aquilone,  sempre di G. Pascoli,  è molto bella,   guarda se ti piace,  poi mi saprai dire.  Ciao.

08/06/2023

Elena  Sapevo che ti sarebbe piaciuta la poesia “L’aquilone”.  Ho  la prosa anche di questa,  vediamo se ti piace.

Il sentimento dominante di questa poesia è la nostalgia dei ricordi lontani di quando lui era un fanciullo.  In quel periodo il Poeta si trovava ancora a Messina,  come insegnante di letteratura latina all’università.  In un mattino di febbraio con il sole, una giornata primaverile,  dall’aria mite,   il biancospino in fiore,  vede il pettirosso che si appresta a partire per raggiungere i paesi del Nord,  tutto questo gli riporta alla mente una giornata di primavera ai tempi della sua fanciullezza. Rivede i suoi compagni di scuola,  quando andarono nel punto più alto dei colli per lanciare i loro aquiloni;  il Poeta li vede nella sua mente come fossero comete.   Quel mattino tutti hanno gli aquiloni che volano,  ma il poeta ne segue uno,  quello che sale nel punto più alto del cielo poi lo vede oscillare verso il basso,  quasi sembra cadere; risale e finalmente riprende quota,  prende il vento favorevole,  lo fa andare avanti sempre più in alto,   e gli schamazzi dei fanciuli che lo stanno seguendo con gioia con lo sguardo verso il cielo.  Ad un tratto l’aquilone sembra che voglia portare via il filo dalla mano del fanciullo, e la violenza del vento ruba il filo dalla sua mano,   l’aquilone è portato lontano come un fiore dal suo esile stelo.  A queste immagini si associa al suo compagno rapito dalla morte e i ragazzi si perdono nel cielo infinito e vedono l’aquilone come un piccolo punto che brilla lassù.  Ad un tratto una ventata di sbieco fa scendere l’aquilone,  qualcuno strilla per la paura dello schianto;  in realtà questo strillo non è altro che nella mente del Poeta che ritorna alla realtà.  La sua memoria gli riporta davanti una voce velata del suo compagno di allora malaticcio, strappato bruscamente alla vita come l’aquilone e il fiore alla pianta.  Rivolgendosi al compagno morto dice: beato te che hai visto cadere soltanto gli aquiloni,  e non hai avuto il tempo di vedere come quelli che continuano la vita:  le speranze,  le illusioni perdute della gioventù.  E continuando sempre rivolgendosi al suo compagno morto dice:  meglio trovare la morte quando si è giovani come hai fatto tu,  mentre eri roseo con i capelli biondi,   dopo una gioiosa corsa con gli aquiloni e con tua madre che ti pettinava con dolcezza per non farti male!  Che non con i capelli bianchi per portarsi con sé tutte le sofferenze della vita…

Marco  di Patty  Stupenda!  Grazie!

10/06/2023

Dott.  Robert e Linda   Cosa ne pensi di tutti questi femminicidi,  riusciranno a fermarli con le nuove leggi?

Elena   Sapete meglio di me che la pazzia non si ferma se non con delle cure appropriate come quelle che si usano per la schizzofrenia.  Né tantomeno si fermerà l’idiozia associata alla delinquenza.  Purtroppo quelle persone hanno imboccato la strada della delinquenza:  all’inizio sembrano le più brave persone che esistono su questa terra,  ma  è la tattica che usano gli psicopatici per imbrogliare le loro prede.  C’è gente che dice che questi criminali dovrebbero essere uccisi!  Ma come si fa ad uccidere delle persone così come fossero zanzare;  secondo me sia il delinquente che lo psicopatico andrebbero curati,  non dico capiti perché certe cose non si possono concepire nemmeno se fossero nostri figli,  ma se venissero uccisi ci si metterebbe al loro stesso livello.

10/06/2023

Marco e Patty  Come si arriva a questi livelli di criminalità,  perché si fa del male agli altri e si diventa delinquenti?

Elena  Per molti individui forse la cosa ha origini lontane e cioè da quando erano piccoli;  forse non hanno avuto l’educazione giusta,  oppure non sono stati amati con la giusta misura d’amore.  Ma poi ho cambiato idea,  ho conosciuto persone che non sono stati amati,  hanno lavorato sodo fin da piccoli,  non hanno conosciuto i giochi,  gli schiamazzi per la gioia che si prova a  quell’età,  eppure hanno aiutato la famiglia a crescere i loro fratelli,  per vivere con più dignità.  Mentre altri hanno avuto tutto l’affetto e tutto l’amore possibile sia spirituale che materiale,  e da grandi non hanno più voluto   saperne dei loro genitori e della loro famiglia;  sono diventati dei delinquenti incalliti,  ingiusti,  e crudeli.  Ora,  dopo tutto quello che ho visto io credo che certe persone sia uomini che donne siano già tarate dalla nascita:  hanno un qualcosa che si diversifica nel male,  oppure chamiamola una questione caratteriale,  quindi la colpa non è sempre e solo dei genitori o della società.  Ognuno di noi quando diventa adulto potrebbe farsi un esame di coscienza:  se la persona è normale  cercherà di approcciarsi al mondo in maniera corretta.  Tutti abbiamo un’anima,  bisognerebbe saperla ascoltare e scacciare l’invidia,  la gelosia,  l’egoismo, e tutto ciò che fa diventare una persona senza scrupoli,  disposta a tutto,  di rubare,  anche ad uccidere una persona cara  per l’eredità.  Altre persone uccidono per un colpo di pazzia e sono sempre state persone per bene,  poi si pentiranno finché avranno vita.  Ed è così in tutte le cose,  tutti possiamo sbagliare,  ma l’importante è essere intelligenti da non ripetere i soliti errori.