Marzo 29, 2023 admin VARIE E RISPOSTE AI LETTORI DIALOGANDO CON VOI 29/03/2023 Marco di Patty Riprenderemo le poesie domani, oggi sono curioso di sapere chi era Gramsci, come morì, ecc. grazie! Antonio Gramsci nacque in Sardegna, ad Ales Cagliari, era di famiglia modesta, a Cagliari frequentò gli studi liceali e a 17 anni si recò a Torino e frequentò l’università. Si interessò subito delle condizioni della classe operaia, e dell’organizzazione del lavoro in Italia. Poi si iscrisse nel partito socialista, e insieme a Togliatti P. e a Terracini U. fondòla rivista “Ordine nuovo”. Poi si distaccò dal partito socialista e con altri suoi compagni fondò il partito comunista italiano, nel famoso Congresso di Livorno. Quando il fascismo s’impadronì definitivamente del governo, Gramsi continuò la sua opera di resistenza alla dittatura. Fu eletto deputato, e godendo dell’immunità parlamentare, fu arrestato e confinato nell’isola di Ustica. Processato da un tribunale creato dal fascismo venne condannato a venti anni di reclusione da scontare nella casa penale di Turi in provincia di Bari. In carcere si ammalò di una grave malattia e lo condusse alla morte nel 1937. I suoi scritti sono oggi raccolti nelle lettere dal carcere e nei quaderni del carcere. Prima di ammalarsi Gramsci vinse l’isolamento avvilente con miracolosa energia intellettuale e morale; un uomo politico e di cultura, fu naturalmente maestro, chiedendo alle lettere e alle note la parola che gli si toglieva imprigionandolo. Il resoconto minuzioso non è passatempo ma dono di vita, testimonianza di un sentire che chiede di vivere con gli altri, di dialogare. Al figlio nato dopo il suo arresto, si rivolge con serietà, senza alcuna pretesa di imporgli le proprie idee. Egli stimola il giovane a sviluppare le sue capacità, quelle molte forze latenti presenti in lui, confermando con forza e serenità la vocazione del ragazzo ad una vita libera e dignitosa! Elena L. Elena Dimmi se ti basta, o vuoi tutta la pappardella della sua vita i passaggi , tutte le date ecc. Marco di Patty Sì, mi piace e secondo me è fatto molto bene. Cambiando argomento, mia madre è ancora giovane, sono molti anni che è sola, ha solo me, a volte guarda “Uomini E donne” , io le ho detto che se volesse partecipare alla trasmissione per trovare un compagno, potrebbe andarci che io acconsentirei, si merita un po’ di felicità. Però questa settimana mi ha detto che stanno facendo una specie di bullismo a una signora che si chiama Gemma, la fanno piangere, e pensare che è una signora intelligente, elegante e colta, la mamma si è raffreddata, e mi ha detto che se facessero così con lei li denuncerebbe, per questo dice che sarà l’ultima settimana che guarda questa trasmissione, sta dalla parte della signora Gemma. 30/03/2023 Marco di Patty Ho scelto o meglio dire abbiamo scelto G.Leopardi, ma non le solite poesie famose, ma una meno conosciuta che si intitola ” Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”; è una poesia molto lunga, ti lascio il tempo per prepararla. Grazie! Elena Questa poesia è lunga sì, ma tutto sommato riaffiora sempre l’animo triste del poeta, quella malinconia data dall’amarezza che si porta dietro in molte delle sue poesie a causa anche delle confittualità con il padre e per la vita che lui non può cambiare. Infatti in questo canto esprime i temi più autentici della sua meditazione sulla vita: della sua riflessione più pacata sulla vita e sulla morte con disincantata filosofia. Una riflessione dolorosa sul male di vivere sulla noia e sulla malvagità della natura. L’unica certezza che il poeta, per quello che dice l’umile pastore, di avere, è che quello che prova in questa esistenza e cioè il “male di vivere”, ritiene che sia peggiore del male della noia. La vita è descritta come un affannarsi verso il precipizio, una fuga faticosa verso la morte e dice anche che la vita non ha senso; niente per lui nell’universo ha un senso perché sostiene che tutto sia dominato da leggi che riducono i fenomeni del mondo fisico al movimento spaziale dei corpi. Qui la sua forza di polemica dolorosa trova sollievo in un canto, allo stesso tempo dolente e pacato, e nonostante la freddezza con cui il poeta esprime il suo pensiero, l’aver trasferito ad un pastore i suoi profondi interrogativi sul dolore e sul significato dell’esistenza, genera un’atmosfera in cui la riflessione diventa più serena per l’ingenuità e la semplicità con cui il pastore interroga la giovinetta immortale. Le dolorose certezze del poeta sfociano come dolenti interrogativi negli stupori di un’anima pura, nell’illusione che questa possa conoscere il significato misterioso della vita. Questa lucida consapevolezza dell’impossibilità di essere felici dà a questo canto un tono più sereno e per questo anche se sa cosa significa per lui la vita nasconde il suo grande dolore e si trattiene dalle imprecazioni e dalla polemica aspra. Elena L. 31/03/2023 Marco Ho preparato una poesia di U. Foscolo, “La morte del fratello Giovanni”. Elena Questo sonetto il Foscolo lo scrisse per la morte del fratello suicidato; era in esilio e si rivolse al fratello come se fosse ancora vivo. Solo la madre si reca sulla sua tomba, il poeta conosce bene il dolore della madre, vorrebbe accorrere presso di lei, ma lui non può fare altro che tendere sconsolatamente le braccia verso di loro; sente l’avversità del destino e gli intimi affanni del fratello che gli resero insopportabile la vita, e anche lui aspira alla quiete che ha trovato il fratello nella morte. Il fratello Giovanni era un militare con il grado di primo tenente, si uccise con il pugnale per sottrarsi al disonore di un processo per furto. Fu denunciato da un sottoispettore che gli diede in prestito la somma prelevata dalla cassa della guerra, per far fronte a un debito di gioco, somma che il fratello Giovanni non riuscì mai a restituire. Nel Sonetto non si parla di questa cosa, ma si nota moltissimo la sua espressione mesta, dolente che non sa giudicare il gesto del fratello, ma contempla attraverso la propria esperienza i secreti affanni che travagliano la vita. Elena L. Marco Quanti sentimenti racchiude una poesia: espressioni di gioia, di dolore di tutta la vita presente, passata e futura. Grazie! A domani. 02/04/2023 Marco di Patty Indovina che poesia ho preparato per la prosa? “La cavalla storna” di G. Pascoli, l’ho letta, è molto bella. E tu l’hai studiata tempo fa? Elena Sì, certo, è una delle prime prose che feci tempo fa. La poesia parla della vita del poeta dopo la tragedia del padre, si ripercosse indebitamente nella sua vita che ne risentì così tanto da cambiare il suo carattere e la sua esistenza. La cattiveria degli assassini del padre lo portò alla conclusione che gli uomini della terra non sono altro che atomi del male e che per avidità sono disposti a tutto perfino ad uccidere un uomo a bruciapelo così buono e giusto. Lui non riuscì più ad essere quel ragazzo felice come quando vivevano tutti insieme nella sua famiglia; ora tutto il mondo gli sembra ostile da quella sera che suo padre fu ucciso. La famiglia Pascoli viveva nella tenuta dei Torlonia in Romagna di cui il padre Ruggero ne era amministratore. Una sera mentre tornava dal mercato di Cesena col calesse tirato dalla sua amata cavalla qualcuno gli sparò con un fucile, la cavalla che aveva per il suo padrone grande amore, si liberò dalle briglie vincendo il suo istinto alla corsa, e lo condusse a casa lentamente come se avesse capito che il suo padrone era agonizzante. Il Pascoli parla della madre che rassegnata all’omertà o alla vigliaccheria della gente, cerca di parlare con la cavalla, implorandola di confermare i suoi sospetti, quando pronunciò un nome la cavalla rispose con un nitrito si contrappose alla malvagità degli uomini; lei un animale così fedele mentre gli uomini malvagi uccidono per niente. Non si seppe mai pubblicamente chi fu l’assassino di quella sera che tolse alla sua famiglia un vero uomo d’onore, ma i loro sospetti furono confermati dalla cavalla anche più di una volta. Elena L. 04/04/2023 Marco di Patty Il professore ci ha scelto una poesia di Cesare Pavese ” Semplicità”; vorrei tanto che me la spiegassi ancora in prosa. E la sua biografia la conosci? Ti ringrazio. Elena Sì, conosco perfettamente anche le poesie di Cesare Pavese, le ho sempre imparate tutte. C. Pavese nacque nel 1908 a S. Stefano Belbo, un piccolo paese delle Langhe. Studiò a Torino dove si laureò in lettere. Insegnò alle scuole serali come supplente, ma non potè essere mai di ruolo perché non era iscritto al partito fascista. Nel 1930 cominciò a collaborare con saggi sulla letteratura americana alla rivista “La Cultura” di cui nel 1934 ne assunse la direzione; in quella stessa epoca cominciò la sua opera di traduttore di autori inglesi e americani. Nel 1935 fu arrestato per antifascismo e confinato a Brancaleone Calabro da cui tornò nel 1936. Fu uno dei principali animatori e dirigenti della casa editrice Einaudi, sorta in quegli anni. La sua vita la passò ininterrottamente quasi tutta a Torino, dove morì suicida nel 1950. Delle sue opere ricordiamo: I volumi di prosa “Paesi tuoi, Feria d’agosto, Il compagno, Dialoghi con Leucò, Prima che il gallo canti, La bella estate, La luna e i falò, le raccolte di poesie Lavorare stanca, e Postuma. Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, il mestiere di vivere, Diario, Notte di festa, La letteratura americana e altri saggi raccolta quasi integrale degli articoli e dei saggi, e i due volumi delle lettere. La poesia “Semplicità la scrisse durante il suo esilio a Brancaleone Calabro. L’idea di libertà per il carcerato si identifica, con la libera e velocissima corsa delle lepri. Una volta libero però l’uomo si ritrova oppresso dalla nebia d’inverno, dai muri di strade, dall’acqua fredda e la prigione rivive ogni volta che morde in un pezzo di pane… Il ricordo della prigione non abbandona mai l’uomo che vi è stato. La libertà sognata fra le mura di un carcere non si riacquista uscendone, perché l’isolamento materiale si trasforma in solitudine esistenziale per l’uomo; è questo il concetto essenziale della poesia. I campi arati i ciuffi di rovo spogliati lungo l’argine ancora verde in agosto, e prima, i riferimenti della città, all’osteria, alla stalla, richiamano il giudizio espresso dallo stesso poeta e scrittore su “Lavorare stanca” , la sua prima raccolta poetica, definita “l’avventura dell’adolescente” che orgoglioso della sua campagna, immagina con simile la città, ma vi trova la solitudine e vi rimedia col sesso e la passione che serviranno soltanto a sradicarlo e gettarlo lontano da campagna e città, in una più tragica solitudine che sarà la fine dell’adolescenza. E con questa prosa chiudiamo anche questo articolo. Aspetto altre poesie. Ciao!